Internet 2004Calvo, Ciotti, Roncaglia, Zela
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Temi e percorsi

La dimensione politica di Internet

Democrazia in tempo reale?

Il rapporto tra Internet e la sfera politica è uno dei temi di dibattito che maggiormente attira l'attenzione degli utenti della rete, oltre a essere oggetto di riflessioni da parte di studiosi di scienze sociali e di teoria della politica. Su questo argomento i punti di vista sono però assai diversi.

Da una parte ci sono gli entusiasti. Il loro argomento principale è legato alla tesi secondo cui un mezzo di comunicazione come Internet offre a milioni di persone la possibilità di scambiarsi informazioni, opinioni e pareri in modo orizzontale. Strumenti come i newsgroup, le liste, i forum su Web, le chat, possono trasformarsi - come si è visto - in vere e proprie forme di comunità, in cui i diversi individui possono manifestare la loro opinione ed eventualmente partecipare alla determinazione della volontà generale. La crisi di rappresentanza che la democrazia occidentale manifesta nelle società più avanzate, nelle quali la sfera politica sembra assumere una irriducibile autonomia dai bisogni e dai desideri diretti della società, potrebbe, secondo questa visione, essere superata proprio attraverso la diffusione delle tecnologie di comunicazione telematica.

L'osservazione dell'evoluzione di Internet come luogo di comunicazione sociale ha addirittura indotto alcuni teorici a prefigurare la possibilità di realizzare una vera e propria forma di democrazia diretta telematica, una specie di riedizione della agorà ateniese estesa su scala planetaria, resa possibile da strumenti che eliminano la nozione di spazio e di distanza.

Quest'ultimo aspetto merita un ulteriore approfondimento. La nozione di Stato sviluppata storicamente da gran parte delle culture del mondo - ma specialmente dalla riflessione politica occidentale - è fortemente legata alla dimensione spaziale del territorio. Un ente astratto, come lo Stato, si materializza nella estensione geografica del suo territorio. La stessa appartenenza e subordinazione del cittadino allo Stato (la cittadinanza, appunto) è di norma tale se questi vive nel territorio dello Stato.

Internet è invece una comunità che prescinde totalmente dalla nozione di territorio; anzi, programmaticamente la destruttura, producendo un luogo virtuale in cui la distanza fisica viene annullata, e l'interazione diretta tra i soggetti si libera da ogni determinazione spaziale. In questo spazio virtuale l'unico stimolo alla creazione di processi di aggregazione è la condivisione di interessi e di punti di vista. Insomma non solo Internet sembra proporsi come possibile rimedio almeno ad alcuni aspetti della crisi della politica, ma contiene in sé anche gli elementi per il superamento della forma politica dello Stato nazionale che ha caratterizzato la modernità.

Al facile ottimismo che in varia forma si manifesta nelle affermazioni dei teorici della democrazia elettronica, si oppongono tuttavia una serie di argomentazioni non prive di rilievo, nonché alcune tendenze, assai più concrete, che si stanno evidenziando nel mercato delle telecomunicazioni e dell'informatica.

La prima critica riguarda la notevole disuguaglianza nell'accesso alle tecnologie telematiche (il cosiddetto digital divide) sia tra le varie articolazioni sociali delle società avanzate, sia (soprattutto) tra queste e i paesi del terzo o quarto mondo.

Tutte le statistiche evidenziano come esista una forte sperequazione nella disponibilità tecnica e nella alfabetizzazione informatica e telematica, sperequazione che ricalca abbastanza da vicino quella socio-economica. E la tendenza sembra essere quella di una acutizzazione della differenza tra gli have e gli have not, come vengono definiti i due segmenti dai sociologi statunitensi. In queste condizioni, e in congiunzione con le politiche restrittive e il taglio della spesa sociale che caratterizzano gran parte delle politiche economiche mondiali, si profila il forte rischio che l'attesa 'agorà telematica' richiami fin troppo da vicino quella ateniese, la quale notoriamente si basava sullo sfruttamento e la schiavitù di gran parte della popolazione.

Un altro aspetto problematico che viene evidenziato dai critici della democrazia telematica riguarda il rischio a cui sono sottoposte la libertà individuale e la sfera privata dell'individuo. Infatti, con la crescente informatizzazione delle transazioni economiche e burocratiche, nella nostra vita quotidiana lasciamo, spesso senza rendercene conto, una serie continua di tracce digitali: dagli acquisti con carta di credito alla posta elettronica, fino alle navigazioni su World Wide Web, moltissime attività personali vengono registrate e archiviate. Senza contare i dati personali che le varie istituzioni raccolgono, le informazioni sul nostro conto in banca, i sondaggi o i questionari a cui veniamo sottoposti.

Queste tracce digitali parlano della vita, dei gusti, delle abitudini e delle convinzioni di ciascuno di noi; grazie alla interconnessione dei vari sistemi digitali, queste informazioni possono essere raccolte e utilizzate come strumento di controllo politico nei confronti del corpo sociale. Siamo dunque davanti a una possibile attualizzazione della figura del Grande Fratello che governa la società totalitaria descritta in 1984, il famoso romanzo di George Orwell?

Va tenuto presente, a questo riguardo, che se da una parte esiste il rischio di un forte controllo politico e sociale da parte di un eventuale Stato totalitario, è forse più concreto il pericolo costituito da una serie di molti 'piccoli fratelli'. Gli uffici marketing delle imprese, i responsabili dei sondaggi per conto di un partito politico, gli uffici del personale di un'azienda, potrebbero acquisire (e di fatto hanno già cominciato ad acquisire) le informazioni personali sparse nelle reti telematiche, e potrebbero usarle per confezionare offerte commerciali, per influenzare il nostro voto, o per controllare se le nostre preferenze sessuali sono compatibili col decoro dell'azienda. Insomma la privacy, quello spazio di libertà individuale che gli ordinamenti giuridici occidentali moderni riconoscono come diritto inviolabile della persona, potrebbe essere messa in questione.

A queste osservazioni va poi collegata una ulteriore, importante critica della 'democrazia telematica', che ne rileva la preoccupante tendenza a trasformarsi in una sorta di 'populismo e plebiscitarismo telematico'. Infatti alcune formulazioni dei teorici della democrazia telematica sembrano proporre un superamento delle forme tradizionali di mediazione e rappresentanza politica, per passare a un rapporto diretto tra governante e governato. Se si tiene conto della notevole influenza che gli strumenti di comunicazione di massa hanno sulla determinazione dell'opinione pubblica, questa destabilizzazione dell'equilibrio tra forme e istituzioni della realtà politica può generare gravi distorsioni nella forma stessa della democrazia.

Se la disponibilità di uno strumento di comunicazione come Internet costituisce un forte potenziale a disposizione di ognuno per accedere all'informazione, e un possibile canale per sperimentare nuove forme di partecipazione politica democratica, il facile entusiasmo di un ingenuo determinismo tecnologico, che vorrebbe veder direttamente trasformato l'accesso alle informazioni in partecipazione immediata al processo decisionale, nasconde dunque notevoli rischi potenziali. Del resto, è difficile non rilevare come la crescente diffusione della rete abbia scatenato i prevedibili interessi delle grandi multinazionali: non vi è al momento alcuna sicurezza che la rete riesca a rimanere quel luogo aperto e libero che è stata nei suoi primi trenta anni di storia, senza trasformarsi - come alcuni temono - in un grande supermercato, nel quale, allineato accanto ad altri articoli dalle confezioni invitanti, si trovi in vendita un simulacro distorto della democrazia.

La politica in rete

Ma, a prescindere dalle discussioni teoriche che investono il futuro, quali sono oggi le applicazioni e l'utilizzazione di Internet nella sfera della politica? Possiamo suddividere tali applicazioni in tre categorie.

La prima categoria è costituita dalle iniziative di cosiddetto e-government, ovvero l'utilizzo delle tecnologie nel processo di gestione e amministrazione svolto da tutte le principali istituzioni pubbliche (dagli organi di governo a quelli legislativi, dall'amministrazione centrale alle amministrazioni locali). Rientrano in questa categoria le azioni dirette a informatizzare l'erogazione di servizi a cittadini e imprese e a consentire l'accesso telematico da parte degli utenti ai servizi e alle informazioni fornite della pubblica amministrazione.

La seconda categoria è costituita dalle iniziative e dalle risorse di rete volte a migliorare il rapporto partecipativo e la comunicazione tra le organizzazioni politiche tradizionali e i cittadini.

Nella terza, infine, rientrano le numerose e molteplici forme di attivismo telematico che su Internet hanno trovato un ambiente ideale di sviluppo.

Le istituzioni italiane in rete e le iniziative di e-government

Il dibattito sul concetto di e-government, ovvero di gestione informatica e telematica delle procedure e dei servizi della pubblica amministrazione, e - finalmente - anche le sperimentazioni concrete in quest'ambito, hanno subito una notevole accelerazione negli ultimi anni. Siamo ormai ben lontani dalla fase in cui faceva notizia l'inserimento in rete del sito Web della Casa Bianca (http://www.whitehouse.gov/). La presenza in rete delle istituzioni governative o rappresentative ha già mostrato di avere una importante funzione nella diffusione delle informazioni relative all'attività legislativa ed esecutiva, con importanti effetti di trasparenza. Da questo punto di vista, la linea di sviluppo seguita sembra essere stata ancora una volta quella indicata dai principali siti istituzionali statunitensi, a partire da quelli del Senato (http://www.senate.gov/) e della Camera dei Rappresentanti (http://www.house.gov/), che da molti anni ormai rendono disponibili informazioni dettagliate sulle attività di deputati e senatori, sulle proposte di legge presentate e su quelle approvate, rendendo così possibile una forma di contatto diretto fra eletti ed elettori, e il controllo costante sulle attività dei propri rappresentanti31.

Ma ormai ci si è resi conto che l'uso delle tecnologie può modificare radicalmente il rapporto tra istituzioni e cittadini anche nel campo dell'erogazione dei servizi, ridurre il carico di obblighi burocratici e contribuire a rendere più efficiente (anche in senso economico) la gestione della macchina statuale.

Da questa consapevolezza teorica prendono le mosse una serie di iniziative di innovazione che vedono protagoniste le istituzioni politico-amministrative di molti paesi (soprattutto occidentali). Anche in Italia è stato elaborato negli ultimi anni un piano e-government che ha iniziato a vedere alcune importanti applicazioni concrete, mettendo il nostro paese addirittura all'avanguardia a livello internazionale.

In realtà la presenza delle istituzioni italiane su Internet ha ormai una storia abbastanza lunga (se si tiene conto dei tempi evolutivi della rete). Camera e Senato sono presenti sul Web sin dal 1996 e sono raggiungibili attraverso una pagina comune, alla URL http://www.parlamento.it/, o attraverso le URL specifiche http://www.camera.it/ e http://www.senato.it/. L'offerta informativa di questi siti è progressivamente aumentata nel corso degli ultimi anni, e si ha l'impressione che i due rami del Parlamento si siano finalmente resi conto delle enormi potenzialità di uno strumento come Internet. Il sito della Camera, radicalmente rinnovato all'inizio del 1999 e ancora nel 2001, offre ormai un vero e proprio portale al mondo della politica e delle istituzioni, rendendo possibile l'accesso on-line all'intera attività di Montecitorio: dalle dirette audio e video delle sedute a tutti gli atti pubblici (resoconti sommari e stenografici, convocazioni e ordini del giorno, progetti di legge, banche dati interne come quella relativa agli atti di sindacato ispettivo), con l'aggiunta di materiale informativo creato 'ad hoc', come documentari e divertenti animazioni. In particolare, si segnala l'inserimento integrale in rete della rassegna stampa quotidiana, che ogni giorno, verso le nove e trenta del mattino, offre un ricco panorama delle prime pagine, delle notizie e degli articoli principali (ovviamente, la priorità spetta alle notizie politiche) di tutti i principali quotidiani del paese. L'elenco dei deputati, già presente fin dalle prime versioni del sito, risulta assai meglio collegato alle informazioni relative alla loro attività, e ogni deputato dispone ora di un proprio indirizzo di posta elettronica, al quale chiunque può indirizzare messaggi. Naturalmente, non è poi detto che il deputato in questione sappia o voglia rispondere - ma possiamo azzardare la previsione che entro qualche anno, man mano che i cittadini si abitueranno all'esistenza di questo strumento di comunicazione diretta con i loro rappresentanti, il mondo dei politici professionali sarà fra i più interessati agli 'agenti software' destinati al controllo e al filtraggio automatico dei messaggi di posta elettronica.

Figura 79
Figura 79 Il sito Internet della Camera dei Deputati

Anche il sito del Senato, dalla grafica più spartana, offre numerose risorse, le più importanti delle quali sono indubbiamente rappresentate dalle banche dati interne. Non manca una sezione 'Il Senato per i ragazzi', nella quale un simpatico senatore romano accompagnerà i più giovani alla scoperta del funzionamento del processo legislativo.

Accanto a quella di Camera e Senato, anche la presenza su Internet degli altri organismi pubblici è cresciuta negli ultimi anni in maniera notevole. Ormai praticamente tutti i ministeri sono dotati di un proprio sito, e sono stati uniformati, almeno sul piano formale, molti fra i criteri seguiti, a partire da quello, basilare, degli indirizzi di dominio adottati, un campo in cui ancora qualche anno fa la confusione regnava sovrana. Resta invece assai disomogenea la qualità dell'offerta informativa: si va da siti di grande impegno, in grado di costituire strumenti ormai indispensabili per il cittadino, a siti francamente assai più deludenti, che hanno al momento poco più che una funzione di segnaposto. Tuttavia ci sembra che il modello del sito-vetrina, orientato semplicemente a illustrare l'attività di questa o quella amministrazione, venga gradualmente abbandonato. Alla foto del direttore viene affiancata anche la possibilità di interrogare database, prenotare prestazioni, conoscere l'orario di apertura degli sportelli, e altro.

Anche il sito ufficiale del governo (http://www.governo.it/) si è progressivamente trasformato, a partire dalla presidenza D'Alema, da vetrina dove si possono consultare biografie e curricula del presidente, dei ministri e dei sottosegretari in vero e proprio sito di servizio (sul quale spicca, e la cosa non può che fare piacere, il bollino 'W3C member' che indica l'appartenenza della Presidenza del Consiglio al World Wide Web Consortium). Un carattere di maggiore interazione con i cittadini ha il sito Italia.gov (http://www.italia.gov.it/) realizzato dal Dipartimento per l'Innovazione e le Tecnologie, che si propone come vero e proprio 'portale nazionale del cittadino'. Al suo interno sono disponibili guide e normative di ogni genere, in grado di aiutare l'utente nel rapporto con le istituzioni centrali. È anche disponibile una funzionalità di interazione vocale via Web (o via telefono) con gli operatori del sito, per avere informazioni e chiarimenti.

Per quanto riguarda i ministeri, un elenco completo e aggiornato degli indirizzi è disponibile nella sezione 'I siti istituzionali' del citato sito della Camera. Quest'ultima risorsa può essere utilizzata anche per individuare le presenze in rete degli organi di governo regionale e di altre autorità pubbliche di vario genere.

Segnaliamo qui i siti del Ministero dell'Interno (http://www.interno.it/), del Ministero degli Affari Esteri (http://www.esteri.it/), del Ministero del Tesoro (http://www.tesoro.it - un sito che si è segnalato per le numerose iniziative collegate all'introduzione dell'Euro, e che consente l'accesso a banche dati importanti come quella contenente le delibere CIPE e quella relativa ai patti territoriali), del Ministero della Giustizia (http://www.giustizia.it/, con accesso al Centro elettronico di documentazione della Corte suprema di Cassazione), del Ministero per le Infrastrutture e i Trasporti (http://www.infrastrutturetrasporti.it/ - il sito comprende un utile ma non sempre aggiornato calendario degli scioperi nazionali in programma), del Ministero delle Attività Produttive (http://www.minindustria.it/, al quale è collegata la banca dati dei brevetti italiani ed europei all'indirizzo http://it.espacenet.com/), del Ministero del Welfare (http://www.minwelfare.it/), del Ministero per i Beni Culturali (http://www.beniculturali.it/) - da cui dipende fra l'altro il portale culturale Superdante (http://www.superdante.it/), in verità poco attivo nell'ultimo anno -, del Ministero della Salute (http://www.ministerosalute.it/; permette fra l'altro l'accesso al database delle specialità medicinali autorizzate dal SSN), del Ministero delle Comunicazioni (http://www.comunicazioni.it/). Da segnalare in particolare il sito del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (http://www.miur.it/), diviso a sua volta in tre sezioni: 'Istruzione', per il settore istruzione inferiore e superiore, uno strumento prezioso per semplificare la distribuzione di informazioni in un settore che ne ha vitale bisogno (si pensi ad esempio alle informazioni sulle assegnazioni dei docenti, sulle commissioni di maturità, e così via), e - fra l'altro - per coordinare le attività legate all'introduzione delle tecnologie multimediali nelle scuole; 'Università', dove si trovano informazioni dettagliate sulla legislazione e sui regolamenti ministeriali dedicati al mondo universitario, nonché una serie di servizi relativi al reclutamento dei docenti; 'Ricerca', che oltre alla normativa contiene informazioni e strumenti per l'accesso ai finanziamenti alla ricerca. Ma probabilmente il migliore sito 'ministeriale' è quello dell'Agenzia delle Entrate (http://www.agenziaentrate.it/), una struttura che ha uno dei compiti più ardui e complessi in seno alla macchina burocratica dello Stato, dovendo gestire una enorme quantità di dati, della quale le dichiarazioni dei redditi di milioni di cittadini e di centinaia di migliaia di imprese sono solo una parte. Si tratta di un sito che, programmaticamente, rifiuta la funzione di semplice 'vetrina' e, nei limiti consentiti dall'attuale quadro normativo, offre una serie di servizi avanzati ai cittadini e alle aziende, tra cui la possibilità di presentare on-line la dichiarazione dei redditi.

Il fatto che una serie di burocrazie, a volte piuttosto 'statiche' come quelle parlamentari e governative, siano ormai arrivate a pieno titolo in rete testimonia il rilievo che Internet ha ormai assunto anche all'interno della sfera politica 'ufficiale'. E, una volta messo un piede nel Web, è difficile tornare indietro. L'introduzione della comunicazione telematica nella mediazione tra cittadini e istituzioni e tra istituzione e istituzione permette di superare molti dei problemi tradizionali della nostra burocrazia pubblica, fra i quali quello dell'incomunicabilità fra strutture e organismi diversi e della spiccata preferenza per soluzioni proprietarie e 'chiuse' in materia di servizi informatici. I provvedimenti per l'uso della telematica nello scambio informativo all'interno della pubblica amministrazione sembrano andare proprio in questa direzione, e già la diffusione dell'uso della posta elettronica nella comunicazione fra uffici pubblici potrebbe permettere una notevole razionalizzazione (e un notevole risparmio) all'interno di questo delicato settore. Ma due sono le novità del piano di e-government che potranno avere maggiore impatto nella vita di tutti i cittadini: ci riferiamo alla firma digitale e alla carta di identità elettronica.

Lo scopo della firma digitale è semplice: dare valore legale anche ai documenti in formato elettronico. In altri termini, la firma digitale certifica l'identità del cittadino (in modo più sicuro rispetto alla tradizionale firma) e - grazie a un meccanismo di cifratura - garantisce che il contenuto del documento firmato digitalmente non sia stato alterato. Tramite ulteriori codici di cifratura è anche possibile rendere il documento inaccessibile a chiunque non ne abbia le 'chiavi'.

L'adozione della firma digitale promette un futuro con molte meno code agli sportelli pubblici, perché consente l'invio e la ricezione di documenti (contratti, certificati, ecc.) via Internet, preservando il valore legale dell'operazione. Inoltre rende possibile la creazione di archivi totalmente elettronici, liberando aziende, enti e istituzioni da tonnellate di carte e da scaffali lunghi talvolta (non è un'esagerazione) diversi chilometri.

Capire il funzionamento della firma digitale potrebbe rappresentare un'impresa un po' ostica. La procedura seguita si basa infatti su una complessa tecnica crittografica comunemente nota come 'cifratura asimmetrica'. Cercheremo dunque di aiutarci con un esempio.

Immaginiamo che il signor Rossi, idraulico, voglia spedire via Internet32 un preventivo alla signora Anna. Per essere valida, l'offerta del signor Rossi dovrà in qualche modo essere 'certificata'. In altri termini, la signora Anna vorrà essere sicura che sia veramente il signor Rossi ad averle scritto. Inoltre vorrà essere sicura che il documento non sia stato alterato (per errore o per frode).

Come risolvere il problema? Semplice: è sufficiente che il signor Rossi inserisca in calce al suo preventivo un codice (definito 'certificato' e rilasciatogli da una 'Autorità di Certificazione') che lo identifichi in modo univoco, un po' come fa il codice fiscale. Quando la signora Anna riceverà la e-mail, ordinerà al suo programma di posta di verificare la corrispondenza fra il certificato (conservato in un archivio pubblico dall'Autorità di Certificazione) e l'identità del signor Rossi. Inoltre, grazie a una sequenza di caratteri di controllo (detti anche hash, o impronta) inseriti automaticamente nel documento dal programma di posta del signor Rossi, la signora Anna potrà accertarsi che nemmeno una virgola del documento sia stata alterata dopo l'apposizione della firma digitale.

Si obietterà: dato che il signor Rossi ha apposto la sua firma digitale (cioè una sequenza di caratteri facilmente riproducibile) in calce alla e-mail, che cosa impedirà alla signora Anna di copiarla e 'firmare' illecitamente a nome del signor Rossi altri documenti digitali? Di nuovo, la soluzione è abbastanza semplice (ma non semplicissima, perciò occorre prestare una certa attenzione): il certificato del signor Rossi è composto in realtà da due insiemi di caratteri: uno pubblico, visibile a tutti (inserito in calce al preventivo e usato per le verifiche) e uno segreto, accessibile solo a lui. Unicamente grazie all'uso combinato del codice pubblico e del codice segreto il programma di posta elettronica del signor Rossi ha potuto generare dei caratteri di controllo (gli hash di cui sopra) validi. Se la signora Anna usasse solo la parte pubblica del certificato del signor Rossi, inventandosi la sequenza di caratteri segreta, non riuscirebbe mai a riprodurre in modo esatto anche gli hash (i caratteri di controllo)33, rendendo così facilmente smascherabile il suo tentativo di contraffazione.

Ricapitolando: il signor Rossi, usando sia la parte pubblica sia la parte segreta del suo certificato, 'firma' il preventivo e aggiunge in coda al documento gli hash. La signora Anna (o meglio: il suo programma di posta), usando gli hash e la parte pubblica del certificato del signor Rossi, verifica che sia tutto in ordine. Mancando tuttavia alla signora Anna la parte segreta del certificato di Rossi, la signora Anna non sarà in grado di generare illecitamente altri documenti digitali a nome del signor Rossi.

Ci sono ancora due aspetti sui quali vale la pena soffermarci parlando di firma digitale: il dispositivo di firma digitale e l'Autorità di Certificazione (o Certificatore).

Abbiamo detto che il certificato è composto da due sequenze di caratteri: una pubblica, una segreta. La legge italiana prevede che la sequenza segreta non venga resa nota al titolare, ma venga custodita in un 'dispositivo di firma digitale', ovvero una sorta di carta di credito dotata di chip (in gergo: smart card). Questa soluzione ha il pregio di semplificare un po' le cose agli utenti meno esperti, evitando ad esempio che qualcuno possa comunicare la sequenza segreta (confondendosi ingenuamente con quella pubblica).

Ha tuttavia lo svantaggio (non piccolo) di richiedere un lettore di smart card, un congegno che attualmente non è fornito da nessun produttore di personal computer e che, anche quando sarà in produzione, avrà certamente un costo. Una smart card, come tutti gli oggetti fisici, è inoltre esposta a guasti e si può perdere. Infine l'integrazione tra i lettori di smart card e i vari software che generano firme digitali è ancora da sperimentare su vasta scala, anche se, ovviamente, si sono già conclusi positivamente vari esperimenti pilota.

Non deve preoccupare, invece, l'eventualità di frodi in caso di smarrimento della smart card (o, per usare la definizione ufficiale, del 'dispositivo di firma digitale'), in quanto la carta è protetta da un ulteriore codice segreto, esattamente come una carta Bancomat34.

Una nota positiva: si prevede che il dispositivo di firma digitale possa integrarsi in altri dispositivi analoghi, ad esempio nella smart card che verrà realizzata per la nuova carta di identità. Insomma, non sarà necessario disporre di un'infinita pluralità di carte: basterà portare con noi poche card multifunzionali (al limite, una soltanto).

Come anticipato, l'Autorità di Certificazione è quella struttura che ha il compito di rilasciare i certificati e gestire i database che consentono la verifica dei dati. La legge prevede che più soggetti possano proporsi come Autorità di Certificazione. Questi dovranno rispondere a determinati requisiti (sia tecnici, sia giuridici) e registrarsi presso l'AIPA, l'Autorità per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione (un elenco aggiornato degli enti è disponibile all'indirizzo http://www.interlex.it/docdigit/elenco.htm; sul medesimo sito si possono trovare numerose informazioni sul tema della firma digitale).

Anche se è difficile prevedere cosa succederà esattamente negli anni a venire, la scelta di consentire a ditte private di proporsi come Certificatori ha aspetti positivi, ma anche negativi. Da un lato, sappiamo che aziende private, in concorrenza fra loro, possono più facilmente garantire un servizio efficiente. Dall'altro, dobbiamo considerare che la firma digitale non è un servizio accessorio. Anzi, con il trascorrere del tempo è possibile che senza un certificato di firma digitale alcuni servizi dello Stato diverranno inaccessibili, o troppo costosi. Con questa prospettiva, ci si dovrebbe chiedere se disporre di un 'dispositivo di firma digitale' sarà un servizio in più, per il quale è giusto pagare una ditta privata, o non sarà piuttosto un diritto, e come tale garantito dallo Stato.

Per quanto riguarda la carta di identità elettronica, la pubblicazione del decreto ministeriale che definisce le regole tecniche relative alla sua introduzione risale al 19 luglio 2000 (era l'ultimo atto necessario, dopo la legge del 1998 e il regolamento del 1999). Con questo atto è stata avviata una sperimentazione che ha interessato alcune città italiane, e che dovrebbe portare entro il 2004 alla sua introduzione generalizzata. La nuova carta di identità è una smart card (ovvero una carta dotata di chip), e consente di integrare varie funzioni, a cominciare dal certificato di firma digitale per finire con il libretto sanitario. Si tratta insomma di una vera e propria 'carta servizi'. In prospettiva, dunque, questo strumento consentirà di pagare le tasse comunali, i ticket sanitari, le multe, i parcheggi (per avere informazioni su questo tema si può vistare il sito http://www.cartaidentita.it/, realizzato dall'ANCI, dal Ministero dell'Interno, dal Dipartimento della Funzione pubblica e dall'AIPA, allo scopo di fornire informazioni ai Comuni che volessero sperimentare l'utilizzo della carta d'identità elettronica).

Un ruolo molto importante nella diffusione della nuova carta di identità è svolto dalle amministrazioni locali. E proprio le amministrazioni locali sono protagoniste da alcuni anni di interessanti sperimentazioni nell'uso di tecnologie informatiche e telematiche per offrire servizi e informazioni ai cittadini. Infatti la dimensione locale permette di realizzare concretamente, evitando rischi di distorsione, esperimenti di rapporto e scambio tra cittadini e amministrazione. Sono dotati di reti civiche collegate a Internet o di siti curati dall'amministrazione comunale città come Roma (http://www.comune.roma.it/), Bologna (http://www.comune.bologna.it/ - si tratta del sito a nostro avviso più completo e meglio organizzato), Milano (http://www.comune.milano.it/; il sito è distinto dal quello 'storico' della Rete Civica Milanese, all'indirizzo http://wrcm.dsi.unimi.it/), Torino (http://www.comune.torino.it/), Venezia (http://www.comune.venezia.it/), Firenze (http://www.comune.firenze.it/), Napoli (http://www.comune.napoli.it/), Bari (http://www.comune.bari.it/), ma anche diversi centri minori. Un buon elenco delle reti civiche italiane è l'Osservatorio Reti Civiche sul sito della Città Invisibile (http://www.citinv.it/ossreti/civiche).

Questi primi esperimenti hanno avuto degli esiti interessanti, ma nella maggioranza dei casi non riescono ancora a rappresentare un vero e proprio strumento di partecipazione politica, e rischiano di fallire se non vengono affiancati da programmi di alfabetizzazione telematica dei cittadini, e da strumenti legislativi ed economici che garantiscano l'accesso più largo possibile alle informazioni. L'eccezione più significativa è rappresentata da questo punto di vista dall'esperienza di Bologna, la cui rete civica Iperbole è stata efficacemente affiancata dal sostegno comunale a numerose iniziative di alfabetizzazione telematica e dalla realizzazione di strumenti e sedi diffuse per l'accesso gratuito alla rete.

I partiti politici in rete

Tra le varie risorse informative su Internet che si possono ascrivere al dominio della politica, sono ormai numerosi i siti gestiti direttamente da partiti e movimenti politici. Se in una prima fase la presenza dei soggetti politici tradizionali sul Web era stata indotta da motivi puramente simbolici e autopromozionali, con la crescita degli utenti la funzione della presenza in rete ha assunto un ruolo sempre più importante nelle strategie di comunicazione politica. Il ruolo di Internet nella formazione dell'opinione pubblica (in particolare per quanto riguarda fasce di elettorato relativamente giovani e ad alto reddito, dotate dunque di un notevole potere di 'traino'), e le possibilità aperte dalla propaganda politica in rete, costituiscono del resto tematiche ormai ampiamente riconosciute dalle stesse agenzie d'immagine che curano le campagne elettorali dei partiti.

Una salto di qualità, questo, che si è reso evidente negli Stati Uniti in occasione delle Conventions elettorali del 1996, e che si è poi esteso a gran parte dei partiti delle democrazie occidentali, inclusa l'Italia - dove il salto si è avuto con le elezioni europee del 1999, che hanno visto per la prima volta un partito politico (Forza Italia) impegnato in ingenti investimenti pubblicitari e propagandistici in rete.

Il rapporto non sempre facile tra partiti e media tradizionali, la crisi di rappresentanza, la destrutturazione dell'organizzazione territoriale dei grandi partiti di massa ha portato a individuare nella rete un possibile luogo di ricostruzione del rapporto dialettico con i cittadini. L'uso degli strumenti di comunicazione di rete (Web, forum, chat, posta elettronica) consente ai partiti sia di riorganizzare e rendere più efficiente l'organizzazione interna sia di recuperare il contatto con il corpo sociale. Seguendo le interessanti osservazioni della sociologa Sara Bentivegna, la presenza sulla rete di un partito svolge almeno le seguenti funzioni principali:

  • la funzione di networking, intesa come la possibilità di organizzare le attività di tutti gli organismi e soggetti che al partito fanno riferimento ed il cui lavoro è fondamentale per la vita stessa del partito;
  • la funzione informativa e pedagogica, intesa come possibilità di produrre e/o distribuire informazione - scavalcando i media tradizionali e attivando meccanismi di selezione - nonché di offrire materiale educativo;
  • la funzione di attivazione di contatti diretti con i cittadini, intesa come la possibilità di dare vita a un flusso comunicativo bidirezionale35.

Naturalmente non tutti i siti riferibili ai partiti politici presentano lo stesso livello di complessità e ricchezza informativa. In generale si deve dire che, superata la fase pionieristica, anche su Internet si sono ricreate le medesime sperequazioni nella capacità e qualità della comunicazione tra partiti grandi e finanziariamente ricchi, e partiti piccoli e con minore disponibilità di investimento. Una situazione evidente se si guarda ai siti Web dei partiti italiani (un elenco completo si può trovare nella sezione italiana del sito Political resources on the net, http://www.politicalresources.net/, dove peraltro si può avere un quadro molto esaustivo della situazione internazionale). Molti di essi, nell'impostazione, non si discostano in fondo dai classici volantini o depliant, con programmi politici o biografie e ritratti di candidati, deputati e leader. Tuttavia, la differenziazione nell'impostazione dei siti Web è determinata anche da motivazioni di strategia e cultura politica. Basti guardare a tale proposito (e qui rifuggiamo da qualsivoglia valutazione politica di merito) la diversità di struttura e impostazione grafica nei siti ufficiali dei due maggiori partiti italiani (figure 80 e 81). Lasciamo naturalmente ai lettori la possibilità di trarre le loro valutazioni.

Figura 80
Figura 80 La home page del sito di Forza Italia

Figura 81
Figura 81 La home page del sito dei Democratici di Sinistra

L'attivismo telematico

Se Internet ha un ruolo importante nella ricostruzione del rapporto tra organizzazioni politiche 'tradizionali' e società, essa è addirittura fondamentale per le numerose forme di partecipazione e attivismo politico non istituzionale. Sono moltissimi i gruppi che si battono su temi come i diritti umani, l'ecologia, la lotta alla pena di morte (ma anche gruppi neonazisti, razzisti o satanisti e così via delirando) che mediante siti Web, newsgroup, forum e liste di discussione sono in grado di far conoscere le loro iniziative e costruire reti organizzative. Dare conto di questo universo in poche pagine sarebbe impossibile, e non possiamo che rimandare alle numerose pubblicazioni e siti Web dedicati a questi temi.

Ci limiteremo a ricordare alcune delle organizzazioni che si occupano di problemi politici strettamente connessi con la rete e le nuove tecnologie, quali il diritto alla riservatezza e la libertà di accesso e di circolazione delle informazioni sulla rete. La più nota delle associazioni che si occupa di questi temi è la Electronic Frontier Foundation (http://www.eff.org/), fondata da Mitch Kapor, multimilionario ex proprietario della Lotus, e dal giornalista John Barlow. La EFF, che gode dell'appoggio di molte aziende contrarie all'ingerenza dell'autorità statale nella regolamentazione di Internet, mostra con chiarezza il duplice volto (e la potenziale e spesso irrisolta contraddizione) che sembra comune a molte fra le organizzazioni 'libertarie' statunitensi impegnate in questo settore: da un lato, un'attenzione puntigliosa e sicuramente lodevole a ogni violazione nella sfera dei diritti individuali, dal diritto alla privacy ai diritti di espressione e di libera comunicazione. Dall'altro, un evidente fastidio per ogni forma di regolamentazione statale, che rischia di trasformare il mercato e i meccanismi non sempre trasparenti della 'libera' concorrenza nell'unico arbitro dell'evoluzione della rete. Questa considerazione, naturalmente, nulla toglie al valore delle numerose campagne della EFF, che ha organizzato raccolte di fondi o direttamente finanziato la difesa in molti processi che le autorità statunitensi hanno intentato contro presunti hacker e giovani programmatori accusati di pirateria telematica o di diffusione illegale di software considerato di valore strategico, ed ha effettuato una capillare attività di informazione e di pressione. Torneremo a parlare della EFF tra breve, discutendo appunto di questioni connesse alla legislazione e regolamentazione delle reti telematiche. Altre associazioni che svolgono attività simili sono la Computer Professional for Social Responsability e la Computer, Freedom and Privacy.

In Italia, fra le associazioni impegnate nella difesa della libertà di comunicazione e di informazione in rete si segnalano l'ALCEI (Associazione per la Libertà nella Comunicazione Elettronica Interattiva) e la Città invisibile. L'ALCEI (http://www.alcei.it/) è programmaticamente apartitica, e la sua dichiarazione di principi sostiene il diritto per ciascun cittadino di esprimere il proprio pensiero in completa libertà e di tutelare pienamente la propria privacy personale. L'associazione si oppone inoltre a ogni forma di censura, comunque motivata o mascherata. La Città invisibile (http://www.citinv.it/) ha un orientamento più 'movimentista' (tra i suoi scopi statutari "promuovere il libero accesso alle informazioni e l'utilizzo democratico delle tecnologie informatiche; [...] promuovere la realizzazione di una democrazia partecipativa, e i valori della pari dignità, dell'uguaglianza, della giustizia e della libertà degli individui; [...] promuovere un modello di convivenza tra persone basato sul rispetto reciproco e sull'accettazione delle differenze, sulla socialità e sulla convivialità"), è fortemente impegnata sul fronte dell'open source e guarda con maggiore attenzione al mondo del volontariato e del movimento no-global. Entrambi i siti, oltre a fornire informazioni sulle varie campagne in corso, sono un punto di accesso assai utile ad altre risorse in rete dedicate all'attivismo telematico e non.

Va ricordato, infine, che Internet è uno strumento di comunicazione rivelatosi prezioso per realtà politiche tradizionalmente lontane dai canali 'ufficiali' di informazione politica: associazionismo, volontariato, centri sociali, movimenti locali, e così via. Fornire un elenco esaustivo di questo tipo di risorse è evidentemente impossibile, e per il loro reperimento non possiamo fare altro che rimandare alle indicazioni generali fornite nel capitolo relativo alle strategie di ricerca in rete.

Le brevi note fin qui raccolte non costituiscono certo una discussione esaustiva, o anche solo riassuntiva, delle complesse problematiche legate all'uso politico delle reti telematiche e alla cosiddetta 'democrazia in tempo reale'. Ci sembrava tuttavia che, per quanto sommarie, non potessero mancare in un manuale di introduzione a Internet: se non altro con lo scopo di sensibilizzare il lettore su almeno alcuni fra i nodi politici, economici e sociali che le democrazie si troveranno ad affrontare nei prossimi anni in relazione allo sviluppo della società dell'informazione.

Problemi di legislazione e regolamentazione

Internet è una struttura complessa e distribuita, che stando alle valutazioni delle principali agenzie statistiche ha ormai superato il mezzo miliardo di utenti. Chi governa questa sterminata 'nazione' telematica - e chi controlla dal punto di vista legale l'informazione che circola in rete?

Al momento, dal punto di vista normativo Internet conserva ancora molto delle sue origini e del suo sviluppo quasi 'anarchico': esistono organismi internazionali, come la Internet Society (http://www.isoc.org/), in gran parte di natura cooperativa, che studiano la sua evoluzione, discutono e approvano le caratteristiche tecniche dei protocolli adottati, certificano l'attribuzione dei nomi di dominio, e così via. Ciononostante, non esiste una 'legislazione' sovranazionale relativa alla rete, e non esiste un organismo o un ente preposto al controllo normativo su di essa nel suo insieme.

D'altro canto, la struttura stessa di Internet rende estremamente problematici gli interventi di controllo o censura sull'informazione distribuita. La rete, infatti, è progettata per far circolare informazione a tutti i costi: qualora un sistema telematico, o un intero tratto di rete, vengano resi per qualunque motivo inagibili, gli host vicini cercano automaticamente di saltare l'ostacolo. Se dei file o delle informazioni vengono censurati su un determinato sistema, niente vieta che gli utenti della rete reperiscano gli stessi dati attraverso un altro computer. John Gilmore, uno dei padri della telematica, ha affermato a questo proposito che "il software della rete considera gli interventi di censura alla stregua di guasti tecnici, e cerca subito un percorso alternativo"!

Il fatto stesso che le autorità giudiziarie siano di norma legate a precise istituzioni statali, e quindi a una nazione e a un territorio, rende facile capire la difficoltà di applicare controlli giudiziari alla rete, e giustifica in qualche misura la pittoresca descrizione di 'Far West telematico' che è stata a volte attribuita a Internet.

I primi tentativi di regolamentazione - che richiederanno probabilmente, più che una singola normativa, un quadro di prescrizioni complesso e adatto alla natura composita e sovranazionale (o meglio, extra-nazionale) della rete - sono stati avviati in America, dove diverse cause relative a Internet sono state risolte, oltre che attraverso il riferimento a una serie di sentenze esemplari concernenti, ad esempio, la rete telefonica, appoggiandosi al Wire-fraud act, la legislazione relativa alle frodi informatiche. Accordi bilaterali fra Stati relativi a quest'ultimo tipo di normativa hanno portato, ad esempio, all'arresto in Argentina di uno studente responsabile di accessi illegittimi (via Internet) al sistema informativo del Pentagono.

Un'altra tendenza inaugurata negli Stati Uniti e che potrebbe fare scuola (nonostante susciti non poche perplessità pratiche e concettuali) è quella a considerare 'beni esportati' tutti i dati (software, informazioni tecniche, ecc.) pubblicati su Internet da cittadini americani o attraverso siti americani. È su questa base, ad esempio, che è stata condotta la causa contro Philip Zimmermann, l'autore di PGP, il software per la crittografia di messaggi personali più diffuso in rete (ce ne occuperemo più estesamente in seguito). Gli Stati Uniti considerano illegale la crittografazione attraverso algoritmi che non siano decrittabili dalle istituzioni governative preposte alla sicurezza nazionale (come l'FBI e la CIA), e considerano l'esportazione di algoritmi di questo tipo alla stregua dell'esportazione di armi. D'altro canto, la grande maggioranza della comunità telematica rivendica il diritto alla riservatezza della comunicazione, e di conseguenza il diritto a utilizzare gli algoritmi di cifratura preferiti. Il lungo procedimento legale svoltosi contro Zimmermann si è risolto in realtà in uno scacco per il Governo americano: da un lato, i tribunali hanno finito per assolvere Zimmermann (le cui ingenti spese di difesa sono state coperte da una sottoscrizione che ha coinvolto migliaia di utenti della rete); dall'altro, l'ingiunzione a rendere disponibile attraverso Internet solo versioni di PGP fornite della cosiddetta backdoor - basate cioè su un algoritmo di cifratura del quale le istituzioni di sicurezza possedessero una delle chiavi - è stata vanificata dal fatto che le versioni 'depotenziate' di PGP immesse in rete in America sono state largamente ignorate dalla popolazione telematica, alla quale bastava collegarsi a un sito europeo per scaricare una versione del programma 'a prova di FBI'.

Organizzazioni sorte per difendere il diritto alla libera comunicazione in rete, come la già ricordata EFF (Electronic Frontier Foundation), hanno incoraggiato apertamente il libero uso degli strumenti crittografici e in particolare di PGP. La riservatezza del messaggio scambiato in rete dovrebbe infatti riguardare, a giudizio di tali associazioni, ogni tipo di comunicazione, e non solo quelle considerate 'sensibili'.

Un problema connesso riguarda la diffusione attraverso la rete di materiale pornografico, di proclami di gruppi violenti o terroristici, di informazioni militari o riservate. Si tratta chiaramente di un problema complesso, dato che classificare una determinata informazione come pornografica o terroristica comporta giudizi di valore, e assunti morali, che possono variare radicalmente da paese a paese, da cultura a cultura, da persona a persona, e che possono comunque essere facilmente aggirati dalla natura sovranazionale di Internet.

Molti governi di fronte a questi fenomeni hanno cercato di intraprendere la strada della censura e della repressione. In particolare ricordiamo la norma introdotta nella legislazione americana sulle telecomunicazioni, approvata nel febbraio 1996. Il Communication Decency Act, riprendendo alcune delle norme punitive per le molestie telefoniche, introduceva di fatto un regime di controllo fortemente restrittivo per i siti Web. Questa legge ha suscitato in rete una enorme campagna di protesta (a cui hanno aderito, non a caso, anche i grandi patron delle aziende informatiche, tra cui Bill Gates), promossa dalla EFF e culminata nel 'Blue Ribbon day': l'8 febbraio 1996, un gran numero di siti Internet ha inserito per protesta all'interno delle proprie pagine l'immagine di un fiocco blu, scelto dalla EFF come simbolo della iniziativa.

Dopo l'approvazione del decreto, peraltro importante anche per molte altre ragioni36, un gruppo di organizzazioni, guidato dalla American Civil Liberties Union, ha presentato ricorso contro la normativa a varie corti distrettuali, richiamandosi al primo emendamento della Costituzione, quello sulla libertà di espressione. L'11 giugno del 1996 il tribunale di Philadelphia ha accolto il ricorso, bloccando la normativa censoria. In particolare il tribunale distrettuale della Pennsylvania, dopo una istruttoria che ha visto le testimonianze di moltissimi esperti, ha redatto una sentenza esemplare, un vero e proprio saggio storico e teorico sulla natura della rete, definita "la forma di espressione più partecipatoria mai realizzata". Consigliamo ai lettori di leggerla: è disponibile su molti siti Web37.

Questa prima vittoria del popolo della rete, tuttavia, non ha concluso la controversia: il Governo infatti, a sua volta, ha presentato appello contro la sentenza presso la Corte Costituzionale. Ma anche la massima sede giudiziaria federale ha confermato quasi del tutto le riserve sulla legittimità del decreto, con una sentenza emessa nell'estate 1997.

La battaglia sul Communication Decency Act non è comunque rimasta isolata: nel 1999 la controversia si è riaccesa sul cosiddetto Child Online Protection Act, che molti vedono come una filiazione diretta del primo provvedimento. Una corte distrettuale di Filadelfia ha dichiarato nel febbraio del 1999 che anche quest'ultimo provvedimento - presentato dal Governo come uno strumento per difendere i bambini dalla pornografia on-line, ma ricco di aspetti preoccupanti e contraddittori - viola il primo emendamento.

Un altro punto critico riguarda l'enorme problema del diritto di autore, che dopo il caso Napster agita i sonni di gran parte dell'industria dei media e dello spettacolo. Anche in questo campo gli Stati Uniti sono stati i più solleciti ad accogliere le istanze delle grandi multinazionali, emanando il Digital Millennium Copyright Act, la nuova e discutibilissima normativa americana in materia di protezione dei diritti elettronici. Oltre alla lunga controversia giudiziaria che ha portato alla chiusura del famigerato Napster, il conflitto sul copyright è stato alla base del cosiddetto caso Elcomsoft, che ha visto come protagonista la Adobe. La grande azienda statunitense ha attivamente sollecitato le autorità americane a perseguire un giovane programmatore russo, Dmitry Sklyarov, responsabile di aver individuato una debolezza nel meccanismo di protezione degli eBook Adobe e di aver elaborato un software capace di sproteggerli. In seguito a queste sollecitazioni, Sklyarov è stato arrestato dalle autorità americane nel luglio del 2001 - in occasione di un convegno a Los Angeles. Per aver commesso in Russia un 'reato' che non era tale secondo la legislazione del suo paese, Sklyarov rischiava negli USA fino a venticinque anni di carcere, e una multa di circa cinque miliardi. A seguito delle vibrate proteste delle organizzazioni per la difesa della libertà d'espressione in rete38 (e non solo: il caso solleva infatti forti interrogativi sulla legittimità internazionale di alcune azioni giudiziarie statunitensi nel campo della protezione dei diritti) - la Adobe ha in seguito assunto una posizione assai più defilata, e il giovane russo è stato liberato e rimpatriato, sebbene la vicenda giudiziaria non sia ancora conclusa.

Queste importanti vicende mostrano come sia auspicabile, al fine di evitare nel futuro interventi autoritari da parte dei governi, che la stessa comunità della rete individui dei meccanismi di autocontrollo: in questo senso si indirizza la già citata tecnologia PICS, che cerca di affrontare il problema dei contenuti 'disdicevoli' su Internet puntando sull'autoregolamentazione e sul controllo da parte dell'utente, piuttosto che sulla censura alla fonte.

Per un approfondimento di queste tematiche, segnaliamo le pagine del forum InterLex (alla URL http://www.interlex.com/), punto di incontro e di discussione permanente cui partecipano, accanto agli utenti della rete, numerosi giuristi. A livello internazionale, forum di discussione sulle tematiche normative e regolamentari connesse a Internet sono ospitati, ad esempio, dal sito già citato dell'Internet Society (http://www.isoc.org/) e dal CIX (Commercial Internet Exchange: http://www.cix.org/), oltre che dalla già ricordata EFF.

Note

  1. (torna) Ma forse ancor più importante è il sito Thomas (http://thomas.loc.gov/), senz'altro una delle maggiori e più interessanti risorse politiche on-line a livello internazionale, coordinato dal servizio informazione e documentazione della Library of Congress. Thomas raggruppa in maniera ordinata e razionale un gran numero di informazioni politiche e legislative relative agli Stati Uniti, inclusi gli atti di Camera e Senato e i testi completi di tutti i provvedimenti legislativi.
  2. (torna) O consegnare il documento elettronico su floppy disk: non ha importanza quale supporto o quale mezzo di trasmissione si sia scelto.
  3. (torna) In realtà, in termini assolutamente astratti, se la signora Anna fosse incredibilmente fortunata potrebbe indovinare la lunga sequenza di caratteri segreti. È tuttavia una eventualità così remota che non vale la pena di prenderla in considerazione.
  4. (torna) C'è sempre il rischio, naturalmente, di perdere il codice di protezione insieme alla smart card, rendendo così possibili le frodi. Ma stiamo sempre più abituandoci a gestire con prudenza questi nuovi strumenti, e sono ormai davvero pochi gli sprovveduti che conserverebbero nel portafogli sia le smart card, sia i relativi codici segreti.
  5. (torna) S. Bentivegna, La politica in rete, Meltemi, Milano 1999, p. 41.
  6. (torna) Il Telecommunication Act, infatti, ha liberalizzato di fatto l'intero mercato delle telecomunicazioni americano, avviando una stagione di fusioni tra le maggiori società mondiali del settore.
  7. (torna) Una versione in formato HTML è disponibile sul sito Web della EFF, all'indirizzo http://www.eff.org/ pub/ Censorship/ Internet_censorship_bills/ HTML/ 960612_aclu_v_reno_decision.html.
  8. (torna) Per maggiori informazioni si possono consultare le pagine dedicate al caso dalla Electronic Frontier Foundation: http://www.eff.org/IP/DMCA/US_v_Sklyarov/.
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